lunedì 23 gennaio 2012

DISCERNIMENTO E COMBATTIMENTO SPIRITUALE

Tu sei tempio di Dio 

La grazia ti ha reso Tempio di Dio: quando sei in grazia
il Signore abita e vive in te.
ll Sacramento del Battesimo, della Cresima, e dell’Eucarestia
 ti hanno consacrato a Dio. Sei interamente del Signore:
corpo e anima.
Se il tuo corpo è suo devi rispettarlo « Questa è la volontà
di Dio che siate santi; cioè che vi teniate lontani da ogni cosa
brutta, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo nella
santità e onestà, non nelle passioni sregolate, come fanno i pagani
 che non conoscono Dio >> (1 Tess., 4, 4).
« Non sapete che le vostre membra sono tempio dello Spirito Santo,
 il quale è in voi, il quale vi è stato dato da Dio,
e che non appartenete più a voi stessi? Poichè siete stati com-
prati a caro prezzo, glorificate e portate Dio nel vostro corpo >>
(1 Cor., 4, 19, 20).
Se il tuo corpo è cosa di Dio devi usarne secondo la sua legge.
Sii vigilante perchè, per causa del peccato originale, esso tenta
di soggiogare l’anima, di dominare la tua stessa ragione.
Anche il tuo cuore, dal Battesimo, ha il sigillo di Dio, è cosa
sacra: sii vigilante aflinchè esso ami i tuoi amici ma come vuole
Gesù.
Il tuo cuore è un tesoro prezioso: non devi profanarlo,
affezionandolo malamente a qualcuno che ti porti lontano dal
Signore.

Cosa significa essere puri.
Iddio ordina con due comandarnenti di mantenere santo
il corpo con tutti i suoi sensi; la vista, la lingua, il tatto, l’udito;
di mantenere limpido il cuore con tutte le facoltà spirituali a
sua disposizione: l’intelletto, la memoria, l’immaginazione, la
volontà.
Chi manca a questa imposizione non entrerà nel regno dei
cieli (Apoc., 22, 15).
Quando tu domini il corpo con tutti i suoi sensi e il cuore
con tutte le facoltà puoi dire di essere un giovane puro.
Bisogna ingaggiare una lotta faticosa, ma non impossibile da vincere.
 Il Signore non impone cose impossibili: sarebbe bestemmia
l’affermarlo perchè sarebbe come dire che Egli non conosce
la nostra debolezza e le nostre possibilità. Ammettere poi che
Egli castighi per una colpa inevitabile sarebbe ancora più mostruoso.

Quanti giovanetti, pur con la tua stessa natura, e le
stesse tue passioni e tentazioni, sanno mantenersi come
angeli!
L'esperienza dice che si è macchiato soltanto chi lo ha voluto.

Iddio impone a tutti la purezza perchè possiamo amare
veramente Lui e il prossimo. Infatti, a causa del peccato originale,
 l’egoismo è profondamente radicato in noi. Si manifesta
 nella ricerca ostinata di piaceri cattivi, nella compiacenza
ad affetti troppo sensibili in cui l’immaginazione e il cuore gustano
 la soddisfazione di essere amati, senza pensare affatto a
donarsi e a sacriücarsi per il bene degli altri.
La virtù della purezza ti svincola da questo disordinato egoismo;
 ti insegna a dominare il corpo e il cuore e a mantenerti nella
carità. Essa vigila gli atti del nostro corpo, ma domina come
regina innanzi tutto il nostro cuore.

La purezza negli atti e parole, nei pensieri e desideri.


Il sesto comandamento proibisce di consentire ad azioni o
parole che provocano piaceri brutti. Sono quelle azioni di cui
ci vergogneremmo dinanzi alla mamma; sono quelle parole ma-
liziose che una persona educata non si permette mai. Abbiamo
detto «consentire» perchè si suppone che uno sappia che quel-
l’azione o parola sono cattive per il piacere che esse provocano
e quindi che le voglia volontariamente.
La materia di questo comandamento è di per sè grave; la
colpa tuttavia puo essere veniale se non c’è stata piena avver-
tenza e pieno consenso: ciò puo avvenire nel sonno, durante
una pulizia personale necessaria o in un atto di irriflessione.
È sempre prudente consigliarsi col proprio confessore.
Il nono comcmdamento proibisce di consentire ai pensieri
e ai desideri contrari alla purezza. Esso completa cosi il sesto
comandamento.

Anche qui il verbo « consentire » è decisivo. Noi non siamo
responsabili dei pensieri e desideri che nascono in noi spontaneamente
 o nostro malgrado; diventiamo invece colpevoli
dal momento in cui, pur avvertendo che sono pensieri e desideri
 cattivi, li accettiamo volontariamente e ce ne compiacciamo.


Un insistenza importuna dei pensieri e desideri impuri non è
colpa, ma solo tentazione: ogni volta che noi cerchiamo di liberarcene,
 pensando ad altro o ricorrendo alla preghiera, noi facciamo 
atti di purezza, che accrescono in noi il merito e lo splendore
 di questa nostra virtù.

Occasioni di peccato.
Chi vuol essere puro deve evitare non solo il peccato
ma anche le occasioni che portano al peccato. Queste
possono essere prossime e remote.
Si chiamano occasioni prossime quelle che racchiudono
una tentazione grave alla quale noi cederemo quasi sicuramente:
esporsi ad esse volontariamente significa esporsi
volontariamente al peccato, è già volere il peccato che seguirà.
 Tale imprudenza costituisce colpa grave.
Le principali occasioni prossime di peccato contro la purezza
sono: gli sguardi, le conversazioni, le letture, gli spettacoli, i balli,
 le cattive compagnie, le canzoni maliziose.
Per giudicare con sicurezza quali siano le occasioni prossime di
 peccato non dobbiamo basarci tanto sulla nostra
esperienza, quanto sull’esperienza di coloro che hanno
autorità: essi hanno certo più capacità di giudizio di noi.
Si chiamano occasioni remote quelle che potrebbero
racchiudere qualche tentazione di peccato. È impossibile evitare
 tutte le occasioni remote perchè noi viviamo in società
ove è possibile e facile trovare chi ci sia occasione di peccato
con le parole, o con esempi. Però non dobbiamo essere temerari e stolti
 davanti alle occasioni remote perchè includono un reale pericolo di tentazione e di
peccato. Le simpatie, la volgarità delle conversazioni, certe trasmissioni
 radiofoniche, le fantasie che eccitano emozioni e affetti
sono le più comuni occasioni remote da cui è bene schivarsi.

Le tentazioni
La tentazione è come una lettera di satana: una proposta di
tradimento. Anche i santi non sono immuni dalle tentazioni
(Sap., 18, 20). « Il diavolo tenta i giusti perchè sono come navi
che portano ingenti ricchezze di virtù >> (S. Giov. GRISOSTOMO).
Non ci si deve percio scoraggiare: « Chi combatte valorosamente
sarà coronato » (2 Tim., Z, 5).
Esistono tentazioni interne causate dalle passioni della no-
stra natura. Non è possibile evitarle e neppure è facile allontanarle.
 Il piacere che esse provocano non deve turbare. Vi sono
poi tentazioni esteme causate cioè dall’ambiente (persone e oggetti) 
e dal demonio. Questo avversario nostro approfitta delle
nostre passioni accentuandone la violenza o suscitandone delle
nuove per farci cadere. Fra le tentazioni ve ne sono delle pas-
seggere: e sono quelle che nascono dall’ambiente.
 Ve ne sono invece delle insistenti che durano ore e giorni nonostante la
resistenza: sono specialmente quelle che nascono dalla nostra
natura o sono prodotte dal demonio. 
Per giungere al peccato proposto dalla tentazione si passa
per tre fasi o gradini: la suggestione o presentazione, a volte
molto seduttrice, di una cosa peccaminosa; il diletto con cui
l’anima molto naturalmente si inclina, anche contro volontà,
verso il male; il consenso che si dà quando cioè l’anima si compiace 
e accetta volontariamente il piacere.

Limiti della nostra responsabilità.


Non abbiamo acconsentito alla tentazione: quando provammo
dispiacere, ripugnanza, o tristezza di essere tentati; se lottiamo
per non cadere o acconsentire; se abbiamo paura del peccato.


Abbiamo acconsentito in modo imperfetto: se non abbiamo al-
lontanato con prontezza la tentazione; si sarebbe acconsentito
ma non si voleva offendere Dio; se abbiamo resistito con titubanze
e poco energicamente.


Abbiamo acconsentito pienamente quando ci siamo compiaciuti
 volontariamente e apposta di un pensiero, di un desiderio
o di una azione cattivi.
Nelle tentazioni passeggere possiamo giudicare la nostra
colpevolezza dalla nostra abituale resistenza in casi simili.
Nelle tentazioni persistenti non si dimentichi che sentire non è
acconsentire; nè ci si deve turbare per l’insistenza e il piacere
naturale involontari.
Si può invece essere colpevoli in causa di certe sensazioni,
ma solo in proporzione della previsione che si ebbe di esse
quando si fece quella determinata azione, che le ha provocate.

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