domenica 13 maggio 2012

Alla mia veste nera


Alla mia veste nera 

di Mons. F. Olgiati


O cara veste nera, da alcune settimane tutti parlano di te. Nel volume su L'attività della Santa Sede nel 1958 era detto: "Attese le varie richieste pervenute circa l'abito talare, è stata iniziata una vasta indagine sulla questione della forma dell'abito ecclesiastico, ed è stata concessa agli ordinari diocesani (cioè ai Vescovi) qualche facoltà di dispensa, in casi particolari, ferma sempre restando la regola di usare la veste talare nell'esercizio della potestà di ordine e di giurisdizione".

Queste poche righe hanno dato origine a mille discussioni, anche sulla stampa nostra. E le fantasie hanno galoppato.

Alcuni si sono appellati alla storia, dal secolo V ai Concili Lateranense IV (213) e Viennese (1312), che agli ecclesiastici imposero un abito diverso dal comune, da Sisto V a Pio IX.

Altri hanno fatto ricorso alla moda dei paesi tedeschi ed anglosassoni, che concedono ai sacerdoti l'abito cosidetto alla "clergyman", pur imponendo la "talare", come esige il Codice di Diritto canonico, nelle funzioni sacerdotali.

Altri hanno rievocato i tempi della Rivoluzione francese, quando anche in Paesi latini - come oggi nelle terre comuniste - il clero, a causa della persecuzione, non si distingueva affatto per i suoi abiti dai laici.

Altri, infine, hanno osservato che "la veste talare, oltre ad essere fastidiosa d'estate e ingombrante sempre, diventa un ridicolo intralcio ed anche un reale pericolo quando, proprio per ragioni del suo ministero, il prete deve usare la bicicletta e la motoreta", mezzi diventati, ormai, indispensabili per chi è in cura d'anime. Nè è da omettersi, hanno aggiunto, "la tendenza del clero non ad isolarsi in una torre d'avorio, ma ad accostarsi il più possibile alla vita del popolo cristiano affidato alle sue cure, a dividerne le sofferenze e le contrarietà".

Cara mia veste nera, pur sapendo che non si tratta di una questione sostanziale, ma solo d'una materia disciplinare di esclusiva competenza dell'autorità ecclesiastica, io non ho potuto fare a meno di guardarti e di meditarti.

Sono vecchio e ti voglio bene.

Tu mi perdonerai se io non mi interesso degli argomenti accennati. Non voglio discuterli. Solo voglio dire a te una parola. Ti porto da tanti decenni. Quando ero fanciullo e, prima degli undici anni, entrai in Seminario, si usava indossarti fin dalla

giovedì 3 maggio 2012

Avvertimenti pratici sulla Comunione


1. Il Sacramento dell'Eucaristia è il Sacramento dell'amore di Gesù, perché in esso il suo amore per noi ha raggiunto l'estremo limite. Gesù dovendo partire da questa terra ha trovato modo di rimanere con noi facendosi nostro cibo per trasformarci in Lui. 2. La Santa comunione è il più gran mezzo di santificazione datoci dal Cuore di Gesù, perché Gesù stesso viene con la sua presenza reale dentro di noi, fonte inesausta di grazie e di favori, e ci spinge sulla via della santità. 3. Per questo è conveniente accostarsi frequentemente alla Comunione, ogni settimana, ogni giorno: così noi assecondiamo il desiderio del Cuore di Gesù, il desiderio della Chiesa ed imitiamo l'esempio dei nostri padri nella fede, i primi cristiani. Non mi dite: " non ne sono degno". Vi rispondo: "ne avete bisogno". Chi ha freddo si accosta al fuoco, chi ha fame prende cibo, chi è debole cerca il rimedio. Per noi il fuoco, il cibo, il rimedio è la Santa Comunione: se non vi accostate, diventerete sempre ...
.... meno degni di riceverla.
4. La Comunione frequente ci apporta molti vantaggi: accresce in noi la vita della grazia e l'amor di Dio.
Preserva dalle colpe gravi e cancella le veniali, come dice il Concilio di Trento.
Infonde forza e vigore per vincere le inclinazioni cattive e le tentazioni.
Nulla è più forte di un cuore incatenato all'Altare, è forte della forza di Gesù Cristo.
Ci è di stimolo ad esercitare atti di virtù per ben disporre l'anima nostra a ricevere sempre meglio Gesù Sacramentato.
Non insistete: "E' troppo ! Basta qualche volta all'anno, una volta al mese".
Non è troppo, perché il desiderio di Gesù Cristo e della Chiesa è ben chiaro, e chi può essere il giudice migliore? Del resto le nostre necessità spirituali sono quotidiane, dunque non è troppo prendere il rimedio quotidiano.
5. Le disposizioni necessarie per accostarsi ogni giorno con frutto alla Comunione ce le indica San Pio X nel decreto del 20 dicembre 1905.
Sono: 1° Lo stato di grazia. Cioè bisogna che attualmente la coscienza non vi rimorda di alcun peccato grave certo.
 2° La retta intenzione. "Consiste in ciò -che chi si accosta alla Santa Messa non lo faccia per uso o per vanità o per ragioni umane, ma con animo di soddisfare alla volontà di Dio, di congiungersi a Lui con più intima carità e di rimediare con quel farmaco divino alle sue infermità e ai suoi difetti-" (Decreto citato)
6. Notate bene però che i Sacramenti producono un effetto maggiore a proporzione delle migliori disposizioni che si hanno nel riceverli.
È conveniente quindi che prima della Comunione facciate una buona preparazione:
1° Prossima. Che consiste nel disporre l'anima con atti ferventi di fede, di desiderio, ecc. a ricevere Gesù con riconoscenza ed amore.
Non è necessario che impieghiate molto tempo, specialmente se le vostre occupazioni non ve lo permettono. In ogni caso supplite con la preparazione.
2° Remota. Consiste nel fare delle nostre occupazioni quotidiane una preparazione e un ringraziamento quasi abituale, facendo ogni cosa con retta intenzione, per piacere al Signore, in unione col Cuore di Gesù.
In particolare pensate alla Comunione che state per fare, mentre vi levate, andate in chiesa, ecc. "Bisogna essere sempre pronti a morire ed a comunicarsi" diceva il P. Olivaint.
(continua)
a cura di Giorgio Mastropasqua