venerdì 13 gennaio 2012

Zelo-"L'ira buona"

Zelo, o "ira buona"


L'altro giorno leggevo l'ottimo libro del sacerdote
Pasquale Casillo "I vizi capitali" che consiglio vivamente
 di procurarsi da "Casa Mariana" editrice, e ho trovato
davvero interessante la parte nella quale viene spiegata
con scrupolosa dovizia di particolari
 la cosidetta "ira buona" che non è un vizio ma  rientra invece
 con salda fermezza, nei  precisi doveri del cattolico innanzi al peccato!
Ne riporto un breve stralcio.


...C’è dunque, certamente, un’ira buona, ed è tale
quando previene da un motivo ragionevole, tende a un fine
onesto e non oltrepassa la moderazione conveniente.
Motivo ragionevole può essere impedire un’offesa a
Dio, correggere un errore del prossimo specie se sotto-
posto, evitare un danno ingiusto, specialmente quando
non sono bastate le buone maniere.
Fine onesto puo essere far conoscere la bruttezza
del peccato e la bellezza della virtù, ristabilire l’ordine
turbato, emendare il colpevole, aiutare il prossimo, sal-
vaguardare la giustizia.
Moderazione conveniente è quella che esclude ogni
esagerazione e irruenza, limitandosi alla giusta misura e
ai mezzi permessi.
Cosi fatta, l’ira è un appoggio alle altre virtù, anzi è
una virtù che con termine più appropriato si chiama zelo.

 Essa vince, per esempio, l’accidia; ad essa si riferisce
san Paolo con le parole: "Se vi adirate, guardatevi dal 
peccare" (Ef 4,26). Non è ardente l’amore di chi non sa
adirarsi.



Ne hanno dato prova i Santi. Mosè, sdegnato per il
ritorno all’idolatria degli ebrei, spezzo le tavole dei dieci
comandamenti, brucio il vitello d’o`ro e comando ai leviti
. di uccidere quelli che incontrassero (Es 32).
Gesù Cristo
con sferzate caccio dal tempio i profanatori rovesciando-
ne i banchi e le merci (Gv 2, 15-17), maledisse l’albero di
fico privo di frutti (Mc 11,14), e rimproverando i farisei,
"li guardava, torno torno, con indignazione" (Mc 3,5).
San Tommaso d’Aquino, giovane di sedici anni, con il tizzone
di fuoco avrebbe bruciato la faccia alla donna tentatrice
se costei non fosse scappata subito. San Bernardino da Siena,
giovinetto, affibio un sonoro schiaffo al
compagno che aveva proferito una parola maliziosa dicendogli:
"Un si brutto parlare merita un si franco gestire!".
 Santa Zita graffio la faccia, tanto da lasciarvi il se-
gno per alcuni giorni, al servitore sfacciato che aveva at-
tentato al suo pudore.
L’ira buona brilla nei genitori e nei superiori che
con la dovuta energia correggono i figli e gli inferiori per
distoglierli dalle cattive abitudini e ricondurli a quelle
buone. É del resto dovere anche di chi non è genitore o
superiore collaborare secondo la propria competenza al
culto della giustizia, e anche con una certa forza. L’ira
buona è anche una virtù sociale. È compatibile con
l’amore verso chi pecca, riconosciuto creatura di Dio e
fratello in Cristo. "Chi non si sdegna quando c’e motivo,
pecca. Una pazienza irragionevole semina i vizi, favori-
sce la negligenza e sembra indurre al male non solo i cat-
tivi ma anche i buoni" (S. Giovanni Crisostomo).
Dunque "non sempre chi si arrabbia, ha torto; il vile non va mai
in collera" (Tornmaseo).
Anzi il non adirarsi quando si deve, merita rimpro-
vero e castigo. Ne è esempio il pontefice Eli che non sep-
pe reprimere con la necessaria fermezza i due figli, i qua-
li rubavano le offerte date a Dio dal popolo, rendendosi
cosi, per debolezza, complice delle loro colpe; e per que-
sto fu abbandonato dal Signore che gli tolse la dignita di
capo spirituale di Israele (1 Sam 2).
Pertanto "il non adirarsi quando si dovrebbe è peccato, ma 
l’adirarsi più del dovere è doppio peccato" (S.
Bernardo).
...
tratto da "I vizi Capitali"- Sacerdote Pasquale Casillo -Edizioni "Casa Mariana"

Nessun commento:

Posta un commento